101 cose a Roma: i nasoni
101 cose a Roma: i nasoni

101 cose a Roma: i nasoni

Al numero 1 fra le 101 cose da fare a Roma ci sono i nasoni. Ora vi spiego. Da qualche anno ho iniziato questo “progetto”. Ho preso in parola il libro di Ilaria Beltramme “101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita” ed ho iniziato a fare queste cose, in solitaria o trascinandomi dietro gli amici, in lungo e in largo per Roma, armata di macchina fotografica. Perché si, ogni cosa fatta è stata documentata fotograficamente e postata sui social con il numero di riferimento del libro. In attesa di concludere l’esperienza (me ne manca solo 1!) condivido con voi questi anni di avventure romane.

nasone
Il nasone del Pantheon

 1 Bere al nasone

I nasoni sono le tipiche fontanelle pubbliche romane (certo in questo periodo di siccità alcune sono chiuse purtroppo).

Roma ha sempre avuto i suoi acquedotti, famosissimi e sopravvissuti in parte allo scorrere degli anni. Dopo l’unità d’Italia, dal 1870, si rese necessario un nuovo sistema di approvvigionamento idrico per far fronte alla crescita della popolazione. Nacquero così le fontanelle pubbliche che prendono il nome familiare di “nasoni” dalla forma tipica della cannella per bere, ricurva e con il forellino per far zampillare l’acqua.

Del primo modello pare ne siano sopravvissuti 3, ma io ne ho visto solo uno, quello proprio davanti al Pantheon (in foto), che orgogliosamente mostro a tutti coloro che accompagno nelle loro(e mie) passeggiate.  Se vi dovesse interessare, gli altri 2 si trovano in via delle Tre Cannelle e in via San Teodoro.

Vi ho convinti a fare questo viaggio fra le 101 cose da fare a Roma, cominciando dai nasoni?

(Foto RIGOROSAMENTE mia!)

Altre esperienze fra le 101:

Villa Giulia

Palazzo Barberini

Gli organi interni dei Papi

7 commenti

  1. PUNTO E…PASTA!

    di Fausto Corsetti

    Si chiama così in ogni lingua del mondo: la pasta. Impensabile non dedicarle almeno un museo.
    Realizzato a Roma dalla Fondazione Agnesi, primo e unico al mondo nel suo genere, il Museo Nazionale dedicato alle paste alimentari rappresenta un allettante itinerario tra ghiotti, invitanti piatti…e non solo.
    E’ possibile così ripercorrere la storia di questo prodotto negli ultimi otto secoli, attraverso i vari macchinari usati nella filiera produttiva, le informazioni nutrizionali, le opere d’arte dedicate alla pasta, dall’antichità ai giorni nostri.
    Le undici sale del Museo mostrano anche i procedimenti usati nell’impastatura e nell’essiccamento, sia nell’antico processo artigianale che nella moderna tecnologia industriale. Gli ambienti espositivi propongono in una forma dialettica e simpatica tutta la storia e la genesi di un alimento considerato anche nel suo aspetto sociale, economico, nutrizionale e… artistico.
    E il pensiero inevitabilmente, tornando indietro nel tempo, ci rimanda a quando il pane era l’unico alimento presente sulle tavole o a quando doveva sfamare tante bocche: immagini e ricordi che la società dell’opulenza tende a rimuovere.
    Al pane e alla pasta è riservata un’interessante sezione dedicata alla “gramola”, la mola di pietra che amalgamava gli ingredienti, semola e acqua, per giungere, poi, alle possenti macine dei vecchi mulini sino alle più moderne impastatrici, realizzate dall’odierna tecnica che sembra un po’ uccidere la tradizione.
    Torna così alla mente, prepotentemente, il noto verso di una poesia di Renzo Pezzani : “Come sa di farina la casa”… una lode alle cose semplici di grande valore umano.
    E nella sala del grano fanno bella mostra i diversi tipi di pasta : penne, maccheroni, farfalle, fusilli, quadrucci, spaghetti …
    Una girandola di foto, filmati, poster e cartoline attrae lo sguardo incuriosito e divertito dei visitatori: testimonianze di personaggi celebri, di attori sorpresi dall’obiettivo nel rituale di assaggio o mentre assaporano, con voluttà, la buona e salutare pasta.
    Non manca, poi, in tale contesto un simpatico cenno al folklore e al teatro comico napoletano e veneziano: le furbesche maschere di Pulcinella, di Arlecchino e di Colombina si cimentano (data la leggendaria fame) con traboccanti piatti di maccheroni e il pensiero corre immancabilmente all’amato “romanaccio” Alberto Sordi nella celebre scena in cui abbandona il cibo americano agli animali domestici per tuffarsi in un abbondante piatto di provocanti spaghetti fumanti fatti da mammà!
    E’ senz’altro questo il museo dell’allegria, della gioia dello stare insieme, dello “spezzare insieme il pane”, del posto aggiunto a tavola, non soltanto per il valore dell’ospitalità, ma anche per una pausa tranquilla in tempi di fast-food e di relazioni improntate al “mordi e fuggi”.
    Il museo è, tra l’altro, in linea con il nostro tempo: attraverso la cultura della pasta, invita a riflettere sulle possibilità di contribuire alla flessione del livello di denutrizione nei Paesi sotto-sviluppati per raggiungere un traguardo socio-umanitario positivo e apprezzabile.
    Evviva, allora, il buon pane e la buona pasta per la gioia che questi semplici alimenti sanno recare sulle nostre tavole e per quella memoria di sane tradizioni che continuano a perpetuare!

    Indirizzo: Piazza Scanderbeg, 117 Roma
    Telefono: 06 6991120

    Con un carissimo simpatico saluto.

    Fausto

  2. Pingback:101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita: 16 fare il giro dei caffè più buoni della città – Viaggiatrice da grande

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