“E ovunque si estende la potenza di Roma sulle terre domate sarò letto dalla gente, e per tutti i secoli, grazie alla fama, se c’è qualcosa di vero nelle profezie dei poeti, vivró” ( Met. 15, 877-879).
Si esprime così il poeta Ovidio negli ultimi versi del suo Carmen perpetuum, le Metamorfosi, prefigurando la sua apoteosi.
Un’apoteosi che si concretizza nell’ultima sala di questa meravigliosa mostra alle Scuderie del Quirinale fino al 20 gennaio.
Ma partiamo dalle origini…
In principio furono gli Amori cantati in tutte le loro forme: dall’ars amatoria ai rimedi dell’amore.
La Venere Callipigia ne è un chiaro esempio, mostrando a tutti il suo lato B. Quel lato B che le ha dato il nome ( Callipigia = dalle belle terga).
Ovidio non fu un poeta di corte, ma al contrario,in forte contrasto con Augusto, cercó in tutti i modi di dissacrare quel pantheon di divinità che l’imperatore aveva eletto fra i suoi “preferiti” in linea con il suo rigore morale.
Quindi se Augusto si fa rappresentare come Pontefice Massimo, il poeta mette invece in evidenza tutti gli aspetti più umani e frivoli della vita e del carattere degli dei.
Venere ad esempio è bella e traditrice. Di grande effetto la scultura classica di Venere pudica che pare specchiarsi nel dipinto della Venere di Botticelli.
Apollo e sua sorella Diana sono vendicativi: l’uno si accanirà sul fauno Marsia che aveva osato vincerlo al flauto; l’altra farà strage dei figli di Niobe poiché essa se ne era vantata. Stessa fine toccherà ad Atteone dopo aver visto la dea nuda al bagno. La bella Dafne mette invece quasi in ridicolo Apollo perché si trasforma in alloro piuttosto che accettare l’amore del dio.
Per non parlare di Giove e dei suoi amori adulterini: il rapimento di Europa sotto forma di toro bianco; Leda ed il cigno; la ninfa Io.
Al secondo piano l’esposizione continua mettendo in evidenza che ciò che dà origine ad ogni situazione delle Metamorfosi sono la passione ed il desiderio.
Quindi Venere che fa nascere anemoni dal sangue dell’amato e prematuramente scomparso Adone; Proserpina rapita da Plutone e Arianna abbandonata da Teseo.
La passione diventa poi ossessione per Narciso innamorato della sua immagine riflessa e per la ninfa Selmacide che pazza d’amore si unisce ad Ermafrodito dandogli la doppia natura femminile e maschile.
Sempre colpa della passione se Ippolito e Meleagro moriranno per mano dei loro parenti, se Icaro e Fetonte perderanno la vita per aver voluto superare i limiti umani e stessa fine faranno Priamo e Tisbe, una sorta di Giulietta e Romeo ante litteram.
Dopo tante morti premature, tragedie ed amori infelici, l’unico lieto fine è quello di Ganimede, pastore rapito da Giove e portato al cielo per diventare coppiere degli dei e ricompensato con l’immortalità.
È qui,con lui, che si compie l’apoteosi di Ovidio, ritratto da Poussin come poeta laureato accanto a Venere ed agli Eroti.
Si avverano quindi i versi che realmente renderanno eterna la sua opera:
“Ho ormai compiuto un’opera che non potranno cancellare nè l’ira di Giove, nè il ferro,nè il fuoco, nè il tempo divoratore…”(Met 15, 871-873)
Un allestimento magistrale.
Una didattica incisiva che si concretizza nel sapiente connubio (quanto mi piace questo termine) fra immagini e parole, come l’opera di Kosuth e i versi del poeta.
Un’audioguida chiara ed efficace ed opere (dalla scultura alla miniatura, dai dipinti alle gemme, ai vasi dipinti)dall’età antica all’arte contemporanea,di artisti del calibro di Botticelli, Ribera, il pittore dell’Iliupersis…
Una delle mostre migliori attualmente presente sul panorama artistico romano.
Da non perdere. E no, se ve lo state chiedendo, non mi hanno pagata.
(Foto mie)
Info: https://www.scuderiequirinale.it/mostra/ovidio-amori-miti-e-altre-storie-000
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