Monet: capolavori del Musée Marmottan Monet, Parigi (Roma, complesso del Vittoriano)
Monet non si separò mai dalle opere in mostra, conservate nella sua villa a Giverny. Alla sua morte il figlio le donó al museo Marmottan.
Monet non si separò mai dalle opere in mostra, conservate nella sua villa a Giverny. Alla sua morte il figlio le donó al museo Marmottan.
Adoro la fotografia: uno degli esami più belli che ho sostenuto all’università è stato quello di storia della fotografia e a volte provo anche a cimentarmi in quest’arte. Se vi va guardate il mio profilo instagram(carmensavino) ma non aspettatevi capolavori alla cartier-Bresson o alla Paolo Roversi. Quelli andate ad ammirarli al complesso del Vittoriano.
Ultima settimana per questa mostra molto interessante (chiude sabato 21 gennaio) pensata in occasione del centenario del viaggio che l’artista fece fra Roma e Napoli assieme al poeta ed amico Jean Cocteau e al compositore Stravinskij al seguito della compagnia dei Balletti Russi.
Bergamo, la città famosa per la parte alta e la parte bassa. Venite con me e vi porterò ad esplorarla.
Nella vita ho alcune certezze. La mia famiglia, gli abbracci degli amici, le orecchiette di nonna, i tramonti sul mare, l’inesistenza delle pause di riflessione…E le mostre allestite al Chiostro del Bramante.
Ci sono delle cose (ma solo alcune) su cui mi ostino. Non mi capacito che siano o vadano in un certo modo e faccio di tutto per cambiarle. Mi ostino ad esempio ad indossare le snekears bianche per andare a scuola sapendo che dopo 5 minuti saranno nere di impronte di bimbi; una volta mi sono ostinata su una relazione; mi ostino ad andare a vedere le mostre di arte contemporanea, sperando che fra noi possa nascere l’amore. E a volte succede.
Non sono una grande esperta di manga, ne avrò letto uno a 15/16 anni, prestatomi da un mio amico appassionato. Però ho letto tanti “Topolino”. Valgono? No, credo di no…
Arte e nuove tecnologie: io e l’arte contemporanea che come al solito proviamo a rapportarci e poi finisce sempre in modo poco serio…
Silent book: libri senza parole. Si tratta di albi illustrati che raccontano storie senza utilizzare il mezzo grafico, solo con le parole. Perfetti quindi per essere utilizzati ad esempio in un contesto multietnico e di accoglienza come quello di Lampedusa.
E’ strano come a volte i luoghi più noti non ci parlino più solo di arte o storia ma di noi, di pezzi della nostra vita lì vissuti. Mi capita girando per Roma con gli amici non descrivere più solo le bellezze storico-artistiche ma raccontare gli aneddoti che mi sono accaduti in giro per la città. Tipo quando Luigi ha forato davanti al Colosseo, di sabato sera, ed io ero tutta in tiro mentre lui cambiava la gomma. O quando sono stata in via di San Saba, una sera d’inverno, con Maria Laura, alla ricerca di Salvatore.